I progetti di Interactive Fiction: Intervista a Antonella Altamura

Nelle scorse settimane abbiamo pubblicato sul sito di AIV – Accademia Italiana Videogiochi, nella sezione dedicata ai progetti didattici, i lavori di Interactive Fiction realizzati dagli studenti del corso di Strategic Writing durante il modulo Videogiochi.

Seguiti da Christopher Sacchi, gli studenti del secondo e ultimo anno di corso si sono cimentati nella realizzazione di progetti di Interactive Fiction.

Per saperne di più, nella pagina dedicata, abbiamo pubblicato anche il commento del docente per spiegare non solo di cosa si parla quando parliamo di Interactive Fiction, ma anche dell’ottica nella quale è stato proposto e svolto questo lavoro.

Abbiamo pensato però di dare anche la parola agli autori di queste storie interattive per avere qualche dettaglio in più sul loro processo creativo, su quali erano i loro obiettivi e soprattutto se si erano mai cimentati con una forma narrativa di questo tipo.

Dopo Benedetta Munalli, Luciano La Carbonara e Laura Galeazzi è il turno di Antonella Altamura.

Il progetto di Antonella non è stato pubblicato sul sito perché all’epoca sotto contratto con Electronic Arts.

Le abbiamo lasciato quindi la parola, sia per raccontarci la sua esperienza con la realizzazione di una Interactive Fiction e con l’occasione avere qualche anticipazione sulla sua esperienza lavorativa

L’esperienza in Electronic Arts

Ho lavorato fino a giugno per Electronic Arts, l’azienda che ha pubblicato The Sims, Star Wars Jedi Fallen Order e Survivors e molti altri titoli importanti. Sono nel settore della localizzazione e mi occupo di testare il gioco dal punto di vista linguistico.

Cosa significa, esattamente, testare un gioco dal punto di vista linguistico? Molto semplicemente, analizziamo l’aspetto testuale del gioco, ovvero verifichiamo che la traduzione sia corretta, che non sia fuorviante né risulti offensiva per chi sta giocando. Inoltre controlliamo che he venga mostrata correttamente sullo schermo, che non ci siano parole troncate o impossibili da leggere, e -ultimo ma non meno importante – ci assicuriamo che non ci siano presenti elementi visivi che risultino offensivi per la cultura dei giocatori italiani.

Quando c’è un problema, tendenzialmente proviamo a risolverlo da noi, se possibile. Per esempio, una parola è troppo lunga e per questo viene troncata per via dei limiti di spazio? La accorciamo con un sinonimo.

I nomi non sono stati localizzati per il pubblico italiano? Lo facciamo noi. Cose così, insomma. Per questo, il lavoro del Localization Tester è molto vicino a quello del traduttore; infatti, tester linguistico e traduttore sono due figure che “vanno a braccetto”.

I pro e i contro di lavorare in un’azienda di videogiochi

Comunque sia, lavorare per un’azienda di videogiochi ha i suoi pro e i suoi contro.

Se volete realizzare progetti personali relativi in particolar modo ai videogiochi, vi farà comodo sapere che la vostra creatività è vincolata dal contratto che stipulate con l’azienda. Il mio contratto, infatti, prevedeva che elencassi tutte le mie creazioni e che mettessi in pausa eventuali pubblicazioni o l’azienda avrebbe potuto reclamare i diritti delle mie opere.

E anche se le vostre creazioni non riguardano i videogiochi, l’azienda vuole comunque avere maggiori informazioni sul progetto (o sui progetti), nonché un’anteprima di ciò che state per pubblicare, al fine di darvi l’approvazione per procedere con la pubblicazione.

Se da un lato queste limitazioni sono piuttosto severe, è anche vero che l’azienda vuole tutelarsi da potenziali furti di idee e dall’eventualità che qualcuno sfrutti le tecnologie dell’azienda per lavorare a un progetto personale. Non ci sono problemi se si lavora a un proprio progetto, a patto che questo venga sviluppato al di fuori dell’orario di lavoro.”

Parliamo del modulo videogiochi e dell’Interactive Fiction

Puoi descrivere in breve l’universo narrativo all’interno del quale hai sviluppato questo project work di Interactive Fiction? 

L’universo narrativo da cui è tratta la storia di questa Interactive Fiction è un universo steampunk, o pseudo-steampunk, che attualmente pone l’attenzione su due ex-nazioni gemelle: Florençia e Stigvel.

Stigvel fu protagonista di una rivoluzione industriale basata sulla scoperta di una nuova fonte di energia, i vaporstoni, che contribuì a migliorare l’economia del paese, soprattutto grazie alla relativa esportazione.

Tuttavia, questa nuova risorsa aveva degli effetti negativi e col passare degli anni, le nazioni acquirenti se ne resero conto. A pagarne il prezzo maggiore fu Florençia, che vide molte delle sue rigogliose terre ridotte quasi a distese di sabbia.

Come se non bastasse, doveva far fronte a una nuova minaccia. La fauna locale aveva subito delle profonde mutazioni nella genetica e oltre ad assumere un aspetto più grottesco e sproporzionato, si fece anche più aggressiva, arrivando ad attaccare le città florençiane.

Fu così che nacquero le gilde. La più importante fra queste è “Il Gladiolo Carminio”, protagonista di questa Interactive Fiction.

A cosa ti sei ispirata? Qualche genere in particolare?

La mia fonte di ispirazione principale è l’attualità. Gran parte del mio mondo narrativo, infatti, prende spunto dalla politica italiana e da alcuni casi di attualità di cui si è discusso in TV.

A questa prima influenza poi se ne affiancano altre, perlopiù videoludiche, che vanno a determinare alcuni aspetti dell’idea quali l’estetica, le meccaniche, ecc…

In questo caso, pensavo a un Devil May Cry steampunk, ma qualcosa è andato storto e, senza saperlo, mi sono ritrovata con una sorta di Monster Hunter steampunk. Hahaha!

Avevi già esperienza in ambito Interactive Fiction come fruitrice/autrice o è stata la prima volta che ti sei confrontata con questo media?

Ho esperienza con le Interactive Fiction in quanto fruitrice di visual novel, ma come autrice è la prima volta che provo a realizzarne una.

Qual è l’aspetto più complicato del realizzare un progetto di questo tipo?

La difficoltà delle Interactive Fiction è quella di intrattenere il fruitore tramite una storia che non sia solamente testuale, ma che offra l’opportunità di influenzare in qualche modo l’andamento della storia.

Introdurre un gameplay, che sia limitato a delle semplici scelte o sia più articolato, è stato, secondo me, l’aspetto più difficile di questo progetto, sia da un punto di vista del “design”, sia per quanto concerne l’implementazione dello stesso – io e la programmazione non andiamo tanto d’accordo, a quanto pare.

Sei riuscita a mantenere la coerenza con i personaggi e le ambientazioni dell’universo narrativo così come l’hai pensato?

Credo di sì. Ho voluto pensare l’Interactive Fiction come a un biglietto da visita per chi, un domani, avrà modo di conoscere altre storie legate a questo universo. Un po’ come ha fatto TangoGameworks con la visual novel di Ghostwire: Tokyo.

Quale pensi sia la particolarità di questo media? Quali possibilità offre in più rispetto ad esempio, ad un racconto tradizionale?

Poiché le Interactive Fiction sono a metà fra testo e videogioco, permettono di godersi una storia più curata ma con maggiore interattività rispetto a quella offerta da un libro. A seconda dei casi, la presenza di immagini e musiche va ad arricchire la narrazione rendendo la fruizione più accessibile anche a un pubblico meno avvezzo alla lettura.

Quante ore ci hai lavorato?

Ho dimenticato di tener traccia delle ore dedicate al progetto, ma sono state tante, hahaha!

Sei soddisfatto/a del risultato?

Sì.

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