I progetti di Interactive Fiction: Intervista a Laura Galeazzi

Abbiamo pubblicato sul sito di AIV – Accademia Italiana Videogiochi, nella sezione dedicata ai progetti didattici,le Interactive Fiction  realizzate dagli studenti del corso di Strategic Writing durante il modulo Videogiochi.

Seguiti da Christopher Sacchi, gli studenti del secondo e ultimo anno di corso si sono cimentati nella realizzazione di progetti di Interactive Fiction.

Perché le interviste agli autori delle Interactive Fiction

Per saperne di più, nella pagina dedicata, abbiamo pubblicato anche il commento del docente per spiegare non solo di cosa si parla quando parliamo di Interactive Fiction, ma anche dell’ottica nella quale è stato proposto e svolto questo lavoro.

Abbiamo pensato però di dare anche la parola agli autori di queste storie interattive per avere qualche dettaglio in più sul loro processo creativo, su quali erano i loro obiettivi e soprattutto se si erano mai cimentati con una forma narrativa di questo tipo.

La prima intervistata è stata fatta a Benedetta Munalli, che ci ha parlato del suo progetto CRAH – Il Rifugio e se non l’avete già fatto, vi consigliamo di dedicargli qualche minuto.

La seconda intervista pubblicata è stata quella di Luciano La Carbonara dedicata al suo progetto Arcadia .

Oggi è la volta invece di Laura Galeazzi. La sua avventura interattiva è intitolata Dead/Line.

Anche nel suo caso abbiamo pensato di rivolgerle le stesse domande e capire un po’ meglio come ognuno di loro abbia vissuto in maniera diversa l’approccio ad un nuovo media e una nuova forma narrativa.

La parola all’autrice

Puoi descrivere in breve l’universo narrativo all’interno del quale hai sviluppato questo project work di Interactive Fiction?

Il progetto si inserisce all’interno di un Worldbuilding denominato Nova Terra; di carattere post-apocalittico, si sviluppa intorno al pianeta Terra nel 2150, dopo un’ipotetica terza guerra mondiale avvenuta nel 2050.

Tale guerra ha sconvolto non solo l’intera popolazione mondiale, ma anche la superficie terrestre stessa, modificando quasi interamente il mondo così come lo conosciamo attualmente. 

Pur essendo un prodotto di fantasia, ho cercato di lavorare molto su “possibilità realistiche”, studi di tecnologie avanzate ma non troppo ardite e “immaginabili” tra 130 anni nel futuro, considerando i 100 di ricostruzione. 

All’interno di questo mondo ci sono nuove forze in gioco, nuove nazioni e nuovi poteri; l’Interactive Fiction si posiziona in Antartide, dove le vecchie basi di ricerca, rimaste isolate dallo scoppio della guerra mondiale, vivono in un’unica grande comunità multietnica denominata Mac-Town, con sede l’omonima base di ricerca americana. 

Qui i vecchi scienziati hanno costruito nuove tecnologie con il poco che avevano. L’obiettivo principale delle nuove generazioni nate a Mac-Town è proprio quello di ristabilire contatti esterni con il nuovo mondo in ricostruzione; non a caso è lo stesso obiettivo che ha il player all’interno dell’Interactive Fiction.

A cosa ti sei ispirata? Qualche genere in particolare?

Per quanto riguarda il genere, assolutamente il Post-Apocalittico, nonché mio genere, ambientazione ed estetica preferita. Sulle ispirazioni, nello specifico l’Interactive Fiction è basata su un racconto breve scritto proprio per il Worldbuilding creato; mentre ispirazioni esterne, riferimenti ad altri prodotti o simili, non ne ho messi consciamente, poi non metto in dubbio che inconsciamente possa aver ripreso da qualcos’altro che mi è piaciuto.

La copertina di Dead/Line l’Interactive Fiction realizzata da Laura Galeazzi per il modulo Videogiochi del corso di Strategic Writing

Avevi già esperienza in ambito Interactive Fiction come fruitrice o autrice o è stata la prima volta che ti sei confrontata con questo media?

Anche lo scorso anno abbiamo avuto questo modulo, quindi era un argomento familiare che abbiamo approfondito e concluso quest’anno con il project work. A parte l’ambiente accademico però, era la prima volta che approccio al medium come autrice, avendone invece molta più familiarità come fruitrice.

Qual è l’aspetto più complicato del realizzare un progetto di questo tipo?

Per quanto mi riguarda le difficoltà maggiori sono state due: la programmazione in sé dell’avventura e la ramificazione della storia in bivi giocabili e interessanti per il player.  

Nonostante fossi una neofita nella programmazione, vedere concretizzarsi un mio progetto davanti ai miei occhi, per mano mia, era un’emozione incredibile che mi spronava e mi faceva da boost per studiare nuove formule, variabili più ardite; è stato un piacere e un divertimento studiare e fare ricerche per rendere il progetto ancora più interattivo. 

Mentre sul secondo punto, la ramificazione della storia, c’è stato meno “divertimento” e più un lavoro serio di progettazione del racconto, per far sì che tutto fosse in linea con le scelte prese dal giocatore e non mancasse coerenza tra le opzioni e tra i finali.

Sei riuscita a mantenere la coerenza con i personaggi e le ambientazioni dell’universo narrativo così come l’hai pensato?

Rispetto a quanto mi ero prefissata e a quanto avevo immaginato, direi proprio di sì. Poi per motivi di competenze di programmazione ho dovuto fare delle rinunce, ma credo che anche così il gioco riesca a dare al giocatore una buona panoramica del mondo e del protagonista.

Quale pensi sia la particolarità di questo media? Quali possibilità offre in più rispetto, ad esempio, ad un racconto tradizionale?

Sarò sicuramente scontata, dato che si chiama proprio così, ma la particolarità maggiore è proprio l’interattività che offre.

In un racconto tradizionale siamo fruitori passivi del mondo e dei personaggi che l’autore ha pensato, veniamo completamente guidati come dei passeggeri su un autobus: possiamo scendere e salire quando vogliamo, ma la direzione sarà sempre quella, indipendentemente da noi. 

Nelle Interactive Fiction invece, autore e giocatore/fruitore sono quasi sullo stesso piano; la storia, i bivi, le opzioni, sono comunque pensate interamente ed esclusivamente dall’autore, ma abbiamo possibilità di scegliere noi che strada prendere, e molto spesso anche che finale ottenere.

Questo, per non includere elementi extra come suoni e immagini, che però sono caratteristici anche di altri media.

Quante ore ci hai lavorato?

Tra una consegna e l’altra, tra i vari moduli, credo 3-4 ore a settimana almeno, fino a 5-6 avvicinandoci alla consegna finale.

Sei soddisfatta del risultato?

Con tutte le limitazioni del caso, ho consegnato un prodotto molto simile a come lo avevo immaginato all’inizio del modulo, quindi mi ritengo molto soddisfatta.

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